Marina Giustini

Le Case Romane del Celio ospitano con piacere l’artista Anna Romanello con il progetto “Attraversare il tempo” sotto il Patrocinio del Ministero dell’Interno - Fondo Edifici di Culto, ente proprietario del sito archeologico, il MiBAC Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo - Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma e realizzato in collaborazione con Spazio Libero soc. coop. soc., società che dal 2002 si occupa in esclusiva della gestione delle Domus romane del Celio.

Un frammento importante della Roma Sotterranea viene messo in dialogo con se stesso, sovrapponendo archeologia e modernità in una stratificazione di richiami visivi e poetici che rimandano alla storia culturale della città. 

La casa è il luogo della memoria, degli affetti domestici, il luogo dei vissuti quotidiani che scandiscono le esistenze, intrecciando e narrando molteplici storie personali. Addentrandoci negli ambienti perfettamente conservati e splendidamente affrescati delle Case Romane del Celio, che si estendono sotto la basilica dei SS. Giovanni e Paolo, non possiamo ammirare la struttura architettonica e il ricco apparato decorativo senza richiamare alla mente le vicende personali di coloro che hanno vissuto in questi ambienti.

Se le strutture murarie sostengono e delimitano gli spazi, è l’elemento umano che ha contribuito nei secoli a trasformare questi edifici in strutture ricche di storia perché vive e vitali. Un luogo ricco di storie e ancora vivo: è questa, infatti, la sensazione trasmessa ai visitatori delle Case Romane; ed è questa, negli ultimi anni, la sfida lanciata agli artisti contemporanei, chiamati con le loro opere e istallazioni ad interpretare, a ri-dare forma e voce a queste storie, in un costante dialogo tra passato e moderno. 

Procedendo dall’ingresso verso l‘interno della domus, ne scopriamo a poco a poco la vastità e la ricchezza di stratificazioni e fasi di utilizzo, ciascuna della quali, già da sola, giustificherebbe la fama e il valore storico-archeologico del luogo. L’articolato complesso abitativo residenziale, sorto tra il I e il IV secolo d.C. alle pendici del Celio, testimonia uno straordinario spaccato di vita quotidiana in età imperiale, le cui vicende domestiche e private seguono le sorti di Roma: dal suo apogeo al declino; dai culti pagani alla progressiva diffusione del culto cristiano sia in forma domestica che successivamente comunitaria. 

Ci troviamo di fronte a tante storie racchiuse in una sola. È noto come il complesso residenziale del Celio, sul quale fu costruita alla fine del IV secolo d.C. l’attuale basilica dei SS. Giovanni e Paolo, sia considerato nella tradizione cristiana l’abitazione dei due fratelli, soldati cristiani, Giovanni e Paolo. Una Passio del VI secolo d.C. tramanda la notizia che nella casa alle pendici del Celio i due avrebbero subito il martirio per mano di un sicario, inviato dall’imperatore Giuliano l’Apostata (siamo intorno al 362 d.C.). I loro corpi sarebbero poi stati occultati in un sottoscala, segreto luogo di sepoltura. 

La costruzione della basilica ad opera del senatore Pammachio, ultimo proprietario della domus, sotterra e cancella la struttura residenziale, ma custodisce e preserva per i posteri il culto cristiano. A partire dalla seconda metà del IV secolo, all’interno della domus è attestata la presenza di un culto cristiano, localizzato nella cosiddetta Confessio, una piccola Cappella di culto, eretta in corrispondenza del già citato sottoscala e raggiungibile da un sistema a doppia scala per facilitare il flusso e il pellegrinaggio dei fedeli. E’ per proteggere e ampliare questo luogo di culto che viene eretta la basilica alla fine del IV secolo d.C..

Dal punto di vista architettonico, le domus del Celio sono il risultato di trasformazioni plurisecolari e della fusione di più edifici residenziali, tra i quali va ricordata una lussuosa domus dell’inizio del II secolo, articolata su due livelli, uno dei quali, l’inferiore, è occupato da un piccolo impianto termale. Oltre alla domus, occorre porre attenzione alla struttura principale che si affaccia sul Clivo di Scauro, all’interno della quale si snoda in gran parte il percorso di visita. Si tratta di un’insula, ovvero un caseggiato popolare a più piani dell’inizio del III secolo d.C.. L’insula, rispettando le caratteristiche di questa diffusa tipologia abitativa intensiva romana, si articola in una zona commerciale al piano terra, caratterizzata da un portico, attraverso il quale si accede dal Clivo di Scauro all’interno dell’attuale domus, e da una fila di botteghe e magazzini affacciati sul portico e allineati all’asse viario. 

Nel corso del III secolo d.C., complice la crisi demografica ed economica della città, fu necessario rivedere la destinazione d’uso delle strutture. Entrambi gli edifici furono acquistati da un unico proprietario che volle unirli e trasformarli, al piano terra, in una domus unifamiliare, quella che oggi visitiamo, arricchita in più fasi da un apparato decorativo, in prevalenza di III e IV secolo d.C., che sorprende per lo stato di conservazione e per la ricchezza iconografica. 

Non capita spesso di accedere all’interno di una casa della tarda età imperiale così ben conservata, in cui le scene raffigurate non sono l’effimero riflesso del gusto estetico dei suoi abitanti, ma sembrano, al contrario, volerci raccontare qualcosa di più intimo. Un richiamo all’habitat naturalistico del Mediterraneo e ad un interesse del proprietario verso la natura e l’agricoltura, in particolare il grano, sembra suggerito dalla delicata decorazione sulla volta della cosiddetta Sale dei Geni, che contribuisce a trasformare l’originario magazzino commerciale dell’insula nell’elegante triclinio della nuova domus, in un tripudio di giovani figure alate, ghirlande floreali e colorati uccelli dell’area del Mediterraneo. Ancora più affascinante ed enigmatica l’interpretazione della cosiddetta Sala dell’Orante, per la quale è stata suggerita una lettura a carattere sincretista-religioso, in cui la figura in atteggiamento di preghiera, l’Orante, è circondata da teste di Sileno, maschere teatrali, filosofi, capri ed animali fantastici; e, per finire, la raffinata decorazione di ispirazione marina che campeggia con le sue megalografie nel cosiddetto Ninfeo di Proserpina.

Dall’ingresso fino all’antiquarium posto al termine del percorso, il visitatore attraversa la dimensione spazio-temporale in una sequenza di sale che narrano il continuo divenire e i continui cambiamenti degli ambienti e definiscono le trasformazioni stesse della città. Gli spazi che attraversiamo sono, infatti, al contempo le strutture artigianali e commerciali, poste in origine al piano terra dell’insula (ovvero il portico con la fila di botteghe e magazzini allineati), ma anche le sale affrescate della domus di III secolo d.C., nata in epoca successiva all’insula in seguito alla fusione di più edifici. E sono, infine, le stanze attraversate dai pellegrini cristiani per raggiungere il luogo di culto interno alla domus (la Confessio). 

Spetta al visitatore sottolineare e inseguire una sola chiave di lettura o saper cogliere all’unisono la pluralità del valore storico, archeologico, artistico e religioso custodito in questi spazi, che non trovano a Roma e nel mondo un parallelo per importanza e bellezza.

Marina Giustini
Spazio Libero soc. coop. soc.

Dal catalogo della mostra "Attraversare il tempo"

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