Ludovico Pratesi

Le passeggiate romane di Anna Romanello.

Questa mattina, usciti per raggiungere un celebre monumento, siamo stati colpiti lungo la strada dalla vista di una rovina e poi di un palazzetto, dove siamo entrati. Abbiamo finito di girare alla ventura, gustando la felicità di essere a Roma completamente liberi, e senza pensare al dovere di
vedere
”.

Con queste parole uno dei viaggiatori più colti dell’Ottocento, lo scrittore francese Stendhal, raccolta nelle pagine delle sue celebri “Passeggiate romane” una delle sue innumerevoli visite ai tesori della città eterna, nella giornata del 10 agosto del 1827. Itinerari liberi e casuali, senza una meta precisa, lasciandosi guidare unicamente dal piacere dello sguardo, asciando vagabondare l’occhio tra gli affreschi di una cappella gentilizia e l’angolo ombroso di un cortile, rallegrato dal fresco mormorio di una fontanella.

Una maniera di raccontare Roma che ha fatto scuola, e non solo tra gli scrittori, fino a oggi. All’alba del terzo millennio, i tesori artistici della capitale d’Italia costituiscono ancora una valida fonte d’ispirazione per i “creativi” delle ultime generazioni: scrittori come Marco Lodoli o Sandro
Veronesi, registri come Nanni Moretti, Gabriele Muccini o Ferzan Ozpetek, che nel suo ultimo film “Le fate ignoranti” ci guida con la cinepresa tra le fabbriche abbandonate e gli stabilimenti industriali del quartiere Ostiense.

Anna Romanello, artista di rango che lavora tra Roma e Parigi, ha voluto dedicare le sue ultime opere a Roma, con un’originale "promenade" di sapore stendhaliano attraverso le immagini di alcune famose fontane della capitale, interpretate dall'artista con tre tecniche diverse: installazione,
scultura e incisione. Come tappe ideali di un itinerario di ricerca che l'artista porta avanti con impegno e passione da più di vent’anni, questi linguaggi artistici diversi permettono alla Romanello di proporre la propria visione del "genius loci" di una città antica interpretata con uno sguardo
moderno, dove l'immagine fotografica scattata dell'artista viene trasformata in un caleidoscopio di forme e colori che ricorda i capolavori ironici e dissacranti dei dadaisti, dai collages di Raoul Hausmann ai rayogrammi di Man Ray, dai "merzbau" di Kurt Schwitters alle "boîtes en valise" di
Marcel Duchamp.

Così, uno scorcio della fontana di piazza Navona del Bernini diventa protagonista una delle quindici scatole di perspex disposte a parete, per poi ritornare immersa nell’acqua dentro i secchi che compongono un’installazione di gusto concettuale e poverista, che permette all’immagine di rapportarsi simbolicamente (ma anche logicamente) con il suo luogo d’origine. Altrettanto riuscite le incisioni, realizzate con una tecnica particolare messa a punto dal noto incisore Hayter, del quale l’artista è stata allieva. In questa serie di stampe appare prevalente la matrice informale, che costituisce un’eredità essenziale nell’ambito della ricerca della Romanello, come giustamente sottolineato Federica di Castro: “Se il comporre per ampi spazi e campiture cromature si configura come dato costitutivo del suo lavoro, tuttavia la passione per le carte e per il loro impegno all’interno di vaste commistioni di materiali, è un elemento che sta a segnare l’affezione dell’artista per la grafica d’arte”. Ultima tappa di una felice “promenade”, questa serie di incisioni di notevole qualità costituisce il giusto “trait d’union” tra le precedenti esperienze della Romanello legate per lo più alla pittura, e gli sviluppi più recenti del suo lavoro, che ha raggiunto in questa mostra una complessità che segna il punto di partenza per nuove visioni di un’arte che non ha paura di interpretare il proprio tempo con rigore e consapevolezza.

Ludovico Pratesi 2001

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