Alberto Dambruoso

La memoria nel segno della contemporaneità.

Nella ricerca artistica di Anna Romanello, passato e presente, antico e contemporaneo, tendono a fondersi su un unico piano rappresentativo. La mostra personale allestita all’interno del sito archeologico delle Case Romane del Celio si configura come un preciso intervento di natura site-specific volto ad istituire con lo spettatore un inedito dialogo con la storia antica del luogo attraverso una serie di opere concepite appositamente a partire dagli stessi spazi museali.

Il confronto con i luoghi e il conseguente inserimento delle opere d’arte al loro interno è d’altronde un modus operandi già sviluppato da Romanello in diverse occasioni, anche recenti, come nell’esposizione personale tenutasi nel 2014 al Museo Nazionale Archeologico della Sibaritide. L’obiettivo rimane sempre lo stesso: stimolare la percezione dell’osservatore proponendogli una diversa e allo stesso tempo coinvolgente visione di luoghi a lui noti.

Una prospettiva, quella da cui parte la Romanello che inizia solitamente dalla storia con il suo carico di memoria e di cui l’artista sembra voler lasciare traccia del vissuto attraverso le diverse stratificazioni di cui sono composti i suoi lavori, per giungere poi ai nostri giorni attraverso l’utilizzo di tecniche, colori e poetiche strettamente contemporanei. Il passato entra così nel presente, il presente nel passato, in uno scambio continuo di rimandi e compenetrazioni.

Le opere che danno vita a questa mostra, nascono come già posto in evidenza all’inizio di questo testo, proprio dal sito archeologico delle Case Romane del Celio e sono state elaborate in due tempi diversi. Nella prima fase l’artista ha compiuto dei sopralluoghi all’interno del museo soffermandosi a lungo sui vari spazi in cui è strutturato per riceverne degli stimoli. Dopo averne assorbito l’atmosfera circostante, ha iniziato a fotografare, come si fa in occasione di una campagna di scavo, i vari reperti che lo compongono. La seconda fase è avvenuta invece successivamente all’interno del suo studio: le fotografie, stampate su materiali plastici-sintetici come il pvc o gli acetati, sono diventate la base dell’opera, sorta di sinopie sulle quali l’artista ha iniziato a dipingere e ad incidere apportando sulla superficie delle stesse, il suo tratto-segno di matrice squisitamente incisoria e carico di tutta la sua vicenda artistica. Secondo una felice definizione della stessa artista, le immagini delle sue opere si fondano sulle fotografie e le fotografie si fondono con la pittura.

Una parabola, quella di Romanello, che ha avuto un punto di partenza privilegiato: l’artista è stata infatti allieva di Hayter, considerato il più grande incisore del secondo dopoguerra. Nella Parigi tra gli anni ’50 e ’70 dove aveva fondato l’Atelier 17, chi intendeva apprendere i segreti delle tecniche incisorie doveva necessariamente recarsi da lui. Dall’apprendistato compiuto presso l’Atelier di Hayter, Romanello che ha vissuto lungamente a Parigi, ha certamente appreso le innovative tecniche calcografiche che nel tempo sono state rielaborate dalla stessa fino agli esiti che possiamo ammirare oggi in mostra. Emerge in tutte le opere esposte la sua forte propensione alla sperimentazione che deriva certamente dall’esperienza nel mitico Atelier 17 di Hayter.

Il percorso allestitivo studiato dall’artista in ogni suo dettaglio mira a ripercorrere la storia culturale della città servendosi come guida del suo tratto-segno, strumento di registrazione di un cammino in divenire che porta il pensiero verso i territori inesplorati del fantastico e dell’immaginabile. “Così -scrive l’artista- io viaggio attraverso il tempo percorrendo le immagini del passato ferme, fisse, immobili da secoli e le ferisco, le traccio come la lama che lacera una ferita, con un gesto violento e tragico”.

Due mondi e due tempi, quello dell’antichità e quello della contemporaneità solo in teoria inconciliabili, vengono felicemente messi in comunicazione dalle opere dell’artista, che si lasciano scoprire man mano che il visitatore attraverserà le varie stanze del museo: ai passi silenziosi e rispettosi per i luoghi calpestati seguirà quel senso di stupore misto a mistero che solo le opere dei grandi artisti riescono ad evocare.

Dal catalogo della mostra “Attraversare il tempo”

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